In occasione del Lucca Comics & Games 2024, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Scott Snyder, uno dei più celebri sceneggiatori di fumetti americani contemporanei, per una chiacchierata esclusiva sui suoi ultimi lavori. Con una carriera costellata di successi come American Vampire, Batman: Court of Owls, e Wytches, Snyder si è sempre distinto per la capacità di combinare elementi sovrannaturali e scientifici, portando il lettore in universi profondamente immersivi. Questo ottobre, Star Comics ha celebrato lo “Scottobre” pubblicando quattro delle sue recenti opere: We Have Demons, Clear, Barnstormers: A Ballad of Love and Murder, e Night of the Ghoul. Abbiamo parlato con Snyder della genesi di queste storie e del loro significato.
In “We Have Demons” esplori il conflitto eterno tra angeli e demoni. Come ti è venuta l’idea di rappresentare questa battaglia dal punto di vista di una scienziata come Lam Lyle?
Mi piace molto prendere il sovrannaturale e dargli un fondamento scientifico. Con American Vampire, ad esempio, ho creato una biologia dei vampiri con genealogie tra le varie specie, e con Court of Owls ho introdotto un metallo speciale che, se entra nel flusso sanguigno, può rianimare una persona. Per We Have Demons, con Greg [Capullo] volevamo creare una storia epica tra bene e male, ma anche con un elemento scientifico. Così ho pensato: e se creassimo una mitologia basata sulla scienza cosmica?
In “Clear”, le persone possono vedere il mondo attraverso filtri tecnologici personalizzati. Cosa rappresenta, secondo te, questa visione della realtà?
La storia è nata come riflessione su una tendenza che trovo preoccupante, ovvero la disintegrazione della verità oggettiva. Negli Stati Uniti, e non solo, vediamo sempre più persone che si circondano di “fatti” che confermano la loro visione del mondo, anche se non sono veri. Con Clear, volevo rappresentare questa scelta consapevole di evitare la verità per rifugiarsi in una versione della realtà che ci fa sentire bene, ma che non ci sfida.
“Barnstormers” è ambientato in un periodo storico specifico, l’era del “barnstorming” nel 1918. Cosa ti ha attratto di quell’epoca?
Adoro quell’epoca perché ha molte somiglianze con oggi. Era un momento di forte disuguaglianza, in cui la classe ricca si arricchiva rapidamente mentre il lavoro e la classe operaia soffrivano sempre di più. I giovani cercavano modi per ribellarsi, e una delle cose più incredibili era vedere questi piloti di ritorno dalla guerra che compravano vecchi aerei e giravano il paese facendo acrobazie. Mi sembrava un periodo che echeggia molto l’attuale voglia dei giovani di sfidare il sistema e trovare nuove vie di espressione.
“Night of the Ghoul” unisce il moderno racconto horror a quello di un film perduto. Quali sono le tue principali influenze nel genere horror?
Francesco [Francavilla] e io amiamo i classici film di mostri, da Dracula a Frankenstein, e durante la pandemia ci siamo divertiti a rivederli. Abbiamo pensato: se dovessimo creare un nuovo mostro oggi, come sarebbe? Così è nata l’idea del ghoul come portatore di pestilenze, una creatura che si nasconde tra noi e diffonde silenziosamente malattie. Volevamo creare un mostro che fosse attuale, legato ai nostri tempi, come una pandemia.
In ognuno di questi lavori hai collaborato con artisti di grande talento come Greg Capullo e Francesco Francavilla. Com’è stato lavorare con loro e come hanno influenzato le storie?
È stata una vera collaborazione. Ogni artista ha contribuito a costruire la narrativa insieme a me. Con Night of the Ghoul, ad esempio, Francesco ed io abbiamo discusso dell’idea fin dall’inizio. Per Clear, io e Francis Manapul abbiamo esplorato il tema della realtà e della tecnologia. Non ho mai consegnato una sceneggiatura dicendo “ecco che cosa fare”, ma abbiamo sempre creato le storie insieme, dal concept al lettering finale. È stato stimolante e ci ha spinto a provare cose nuove a livello creativo.