“Kennedy su junk food ha ragione”, il giudizio dello scienziato italiano

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(Adnkronos) La nomina di Robert Kennedy segretario alla Salute negli Stati Uniti fa discutere. Le posizioni estreme su alcuni temi, vaccini in primis, creano allarme nella comunità scientifica. Non vanno trascurate, però, altre posizioni del nuovo ministro scelto da Donald Trump. 

“Il problema è che, certe volte, l’informazione si muove in maniera estrema, prende una singola parola per semplificare molto le posizioni. Non so se Kennedy vuole davvero abolire i vaccini, ed è logico che se vuole abolirli è una cosa terribile. La cosa che però più di tutte lui ripete da tempo è che vuole migliorare la qualità dell’alimentazione. E qui non si mangia mica bene”, dice all’Adnkronos Salute uno scienziato italiano negli Usa, Antonio Iavarone, professore di Chirurgia neurologica, Deputy Director del Sylvester Comprehensive Cancer Center, University of Miami Miller School of Medicine. 

“In America è sempre stata una posizione abbastanza bipartisan dire che bisogna fare di più per la ricerca. Però, anche per i problemi che ci sono stati con il Covid, negli ultimi anni la ricerca biomedica ha molto sofferto e continua a soffrire. Io non ho idea di cosa succederà ora. Il ruolo di un presidente è dare un’impronta strategica anche nei confronti di questo settore. Non è che io abbia sentito parlarne come di una priorità da parte di Donald Trump. Ma se devo dire cosa ha fatto Joe Biden per la ricerca, sinceramente non trovo delle cose buone da dire. Finora non ha avuto il supporto adeguato. Certo, poi tutto può peggiorare, ma staremo a vedere”, aggiunge. 

“Il problema dell’alimentazione americana continua è un problema importante, vero, mai affrontato prima. Causa una quantità enorme di problemi sanitari: obesità, diabete, malattie cardiovascolari. Queste cose sono molto gravi. E se adesso il problema viene affrontato seriamente perché poi c’è sempre ovviamente il nodo degli interessi economici allora ben venga. Se poi si comincia a parlare di stupidaggini il discorso cambia, ma io spero di no. Affrontare il tema dell’alimentazione americana, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, è una buona idea, non è affatto sbagliata. La polemica sui vaccini? E’ chiaro che i vaccini funzionano e sono controllati molto bene. Se l’anti-Covid qualche problema lo ha dato, bisogna vedere che cosa succede a lungo termine. Il problema è che queste non possono essere posizioni ideologiche, cioè sono contro o a favore”, ma devono essere basate sui dati. 

Iavarone prova a spiegare cosa è cambiato rispetto al passato: “La ricerca biomedica negli States è finanziata principalmente dai Nih (National Institutes of Health), ma negli ultimi anni i finanziamenti si sono ridotti molto, i grant sono calati sia nel numero che nel valore e sono diventati sempre più iper competitivi, e riuscire ad avere questi finanziamenti federali è davvero difficile. Questa situazione ha anche causato il fatto che nelle università americane molti giovani, invece di rimanere nel mondo accademico come farebbero se ci fossero delle opportunità importanti, decidono di andare nell’industria, nel mondo del Biotech, di Big Pharma. Il quadro è aggravato anche dal fatto che negli ultimi anni c’è stato in America un notevole aumento dell’inflazione, che è anche uno dei motivi principali per cui Trump ha vinto”. 

L’inflazione, prosegue lo scienziato, “naturalmente ha avuto e continua ad avere un effetto importante anche per la ricerca. Se i prezzi aumentano, le persone devono essere pagate di più e con i grant alle condizioni attuali non si riesce più di tanto. I costi della ricerca, anche quelli, aumentano sempre di più”, spinti anche “dalle nuove tecnologie, dall’Ai”. Il fatto che ora il settore sia in sofferenza “ha un’implicazione enorme, perché anche dall’estero diventa più difficile attrarre persone valide. Loro il supporto di tipo finanziario e organizzativo lo trovano ormai più in altri Paesi”. 

“Io sono arrivato in America 30 anni fa ripercorre Iavarone oggi ho scelto Miami per tanti motivi, uno dei quali è che c’è una grande opportunità di fund raising. Se penso agli inizi, ricordo che tutti quelli che volevano fare ricerca dovevano venire negli Stati Uniti anche solo per un periodo, perché non c’era un altro posto dove tu potevi fare veramente delle esperienze importanti. L’attrazione era la vera forza”. Adesso, conclude, “quella voglia di fare un’esperienza negli Usa, che prima era quasi un obbligo, non è più così forte. La gente vuole andare a Londra, in Giappone, in Germania, in Spagna e noi abbiamo sempre più difficoltà. E’ una discussione che affrontiamo spesso coi colleghi. Il motivo è che qui le condizioni ambientali ed economiche sono cambiate enormemente”.