Cinquecento Arhat di pietra tra le montagne colorate di rosso e giallo per l’autunno: sono le statue dei discepoli del Buddha che accompagnano il cammino del visitatore fino all’ingresso dell’Hoko-ji, il “grande tempio” Zen della setta Hoko del Buddhismo Rinzai, uno dei principali della regione di Tokai, nel cuore del Giappone, a pochi chilometri dal monte Fuji.
Fondato nel 1371 da Mumon Gensen, figlio dell’imperatore Go-Daigo, quasi 700 anni dopo la sua creazione l’Hoko-ji è più vivo che mai e fonte di ispirazione per monaci e laici. Immerso in una natura spettacolare, associato a un misterioso ‘dio drago’, i suoi terreni ospitano molti edifici preziosi e storici, 22 dei quali sono stati registrati come National Tangible Cultural Properties. Eppure non c’è niente che possa sembrare più lontano dalla freddezza di un museo: tutto è vivo e presente e parla a chi sa ascoltare ‘qui e ora’.
Già dal momento in cui ci si addentra per la strada tra le montagne si sente l’effetto che quella natura imponente ha su chi si avvicina e la perfetta armonia tra l’uomo e ciò che lo circonda: una armonia che illumina la capacità di percezione di ciascuno e svela la potenza insita in tutte le cose, difficile da sentire nella moderna confusione delle città. Una potenza che talvolta trova riconoscimento esplicito: come avviene con le corde che circondano il grande cedro davanti al tempio, identificandolo quasi come fosse un kami, uno spirito della natura da onorare.
Nel complesso sono innumerevoli i richiami all’atmosfera del Giappone feudale dei samurai, che dello Zen furono i seguaci più intransigenti: si narra che fu Tokugawa Ieyasu, leggendario fondatore dello shogunato Tokugawa nel 1603, a promettere un territorio sicuro al tempio, e il documento su cui Ieyasu firmò ancora oggi esiste ed è ben conservato.
Percorrendo il “sentiero dei filosofi” che porta alla sala principale del tempio, l’hondo, ci si immerge nella meravigliosa natura che circonda la struttura e che fa parte a tutti gli effetti della sua dimensione spirituale. Ecco allora che con questo spirito in questi giorni si tiene il ‘Festival delle foglie d’autunno’ per celebrare il momijigari, la contemplazione delle foglie d’autunno che per i giapponesi ha lo stesso valore spirituale e filosofico della contemplazione dei fiori di ciliegio in primavera.
All’interno del tempio in una enorme sala di tatami si contano poi centinaia di postazioni per lo zazen. Una pratica aperta a tutti, con laici, studenti, monaci, talvolta turisti che si mettono seduti insieme, nelle ore indicate, per meditare: ossia svuotare la mente da ogni tipo di pensiero per arrivare a cogliere il puro essere.
“Nel silenzio sentirete presto le voci degli uccelli e i sussurri degli alberi”, spiegano i monaci che ospitano ogni giorno all’Hoko-ji tanti visitatori: gruppi di studenti o di manager e impiegati che affrontano con naturalità la pratica della meditazione seduta o della copia dei sutra, con la consapevolezza che questa esperienza porterà un arricchimento non solo alla propria vita interiore ma all’intera comunità.