Un nuovo paradigma per superare lo stallo del dibattito sulla modalità di una presenza sostenibile dell’uomo sul pianeta, quindi anche per affrontare la crisi del clima, viene proposto nel libro “Ripensare l’Antropocene. Oltre natura e cultura” pubblicato da Carocci, frutto della lunga sperimentazione di interazione fra ricerca, didattica e comunicazione messa in atto dalle quattro accademiche dell’Università di Bologna che lo firmano, la storica della scienza Paola Govoni, la biologa e antropologa Maria Giovanna Belcastro, l’ingegnera delle materie prime esperta di tecnologie verdi Alessandra Bonoli e l’antropoga dell’educazione Giovanna Guerzoni.
Come affrontare il surriscaldamento terrestre e geopolitico senza cedere a indifferenza, negazionismo o ansia climatica? Per rispondere a questa domanda, il volume invita “a ripartire dal chiederci chi siamo oltre la dicotomia natura-cultura, per individuare un contesto che ci renda consapevoli che ogni gesto umano -personale, politico, tecnologico-ha un effetto sul pianeta”.
La sperimentazione, in cui un ruolo importante lo hanno le questioni politiche e di genere, avviene in dialogo con studentesse e studenti dei Dipartimenti di Biologia, Educazione, Ingegneria e Filosofia dell’Università di Bologna ai quali nel testo si dà spesso la parola. Fra le raccomandazioni, quella di ridurre le aspettative ansiogene che negli ultimi decenni sistemi educativi, economici e sociali sempre più competitivi e valutativi hanno imposto.
‘se non possiamo dominare il mondo, non lo possiamo neanche salvare. Dobbiamo imparare a darci dei limiti’
“Se non possiamo dominare il mondo, non lo possiamo neanche salvare. Dobbiamo imparare a darci dei limiti. Questo ci restituirà degli orizzonti utili a rallentare poter affrontare a mente lucida ciò che ci aspetta e che ha colpito anche a sud delle alpi”, si sottolinea nel saggio dotato di un approfondito glossario che va da Adattamento a Wasteocene.
Il libro “suggerisce di andare oltre i limiti di una educazione sempre troppo parziale e autoreferenziale: scientifica o tecnologica o sociale o umanistica, e nel solco di una lunga serie di errori educativi che di generazione in generazione abbiamo potuto continuare, alternativamente, ad alimentare l’immagine di scienza e tecnologia come culture della sopraffazione o viceversa come culture detentrici di metodi, modelli, verità e conquiste iniziatrici di rivoluzioni”.
“Nel complesso, la sincera convinzione di chi ritiene di poter dominare il mondo e chiunque non sia “io” o “noi” è la conseguenza di un errore di valutazione che, come proponiamo in questo libro, ha origine nell’ignoranza circa dove siamo e chi siamo in termini evoluzionistici, una ignoranza che alimenta una pretesa differenziazione tra le dimensioni natura e cultura”, si legge nel libro.
“Potremo così prendere le parti del sistema Terra, praticare la cultura del limite e, rifiutando quella del dominio, ridimensionare i consumi e i toni del dibattito”. Ricorrendo a saperi interdisciplinari, indifferenti ai gerghi, ai principi di autorità e ai conformismi di gruppo, le autrici offrono spunti di riflessione a chi, come loro, non trova risposte adeguate nei mondi separati delle scienze naturali, sociali, tecnologiche, umanistiche. La proposta “è quella di individuare autonomamente zone d’interscambio dove applicare i risultati di tante, straordinarie conoscenze per instaurare alleanze paritarie con altri punti di vista, generi e generazioni”.