“Attese erano le sedute per l’Informativa urgente resa dal Governo in Camera e in Senato, in merito alla richiesta di arresto della Corte Penale Internazionale e alla successiva espulsione del cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish. Purtroppo, come accade sempre più frequentemente, una vicenda delicata, che avrebbe richiesto un dibattito serio e composto, è invece stata caratterizzata da applausi contrapposti, contestazioni rumorose e interventi urlati, con una polarizzazione che ha svuotato il confronto della sobrietà richiesta”. Lo sottolinea il presidente di Meritocrazia Italia, Walter Mauriello.
“L’aula parlamentare, un tempo teatro di dialettica raffinata e confronto costruttivo, è sempre più spesso scenario di bagarre e toni da stadio. Non più il luogo della sintesi e della visione, ma spesso della rissa e della provocazione. È il sintomo evidente di una crisi più profonda, che travolge il senso stesso delle Istituzioni e ne mina la credibilità. Se il dibattito politico diventa sfogatoio, se le interrogazioni parlamentari si trasformano in palcoscenici per slogan e invettive, allora non si sta più parlando al Paese, ma a una tifoseria. E la politica, anziché guidare, segue le logiche di spettacolarizzazione che dominano i social e i media. Il problema non è solo estetico o di forma, ma sostanziale. Perché un linguaggio esasperato non costruisce, divide. Un confronto che si fa contesa non produce soluzioni, cristallizza lo scontro”, evidenzia.
“Il Parlamento, il Consiglio dei Ministri, le sedi istituzionali dovrebbero essere il regno della mediazione, dell’argomentazione, della complessità. Invece, si cede volentieri al populismo verbale e alla facile indignazione, a danno della qualità della democrazia. Meritocrazia Italia invoca un ritorno alla sobrietà del linguaggio politico, non per un vezzo formale, ma per la necessità di ripristinare autorevolezza alle istituzioni. Serve una regolamentazione più stringente sugli interventi in aula, che impedisca derive linguistiche e confronti da arena. Ma serve soprattutto un cambio culturale: la consapevolezza che chi rappresenta i cittadini ha il dovere di farlo con responsabilità e disciplina, conscio del peso delle parole e del valore del confronto. L’Italia ha avuto parlamentari e statisti che hanno segnato epoche con la potenza del pensiero e la fermezza del dialogo. Oggi, in troppe occasioni, ci si accontenta di alzare la voce. Ma la politica, quando si riduce a questo, smette di essere guida e diventa soltanto eco di un malessere che non sa più risolvere”, conclude.