
Nessun processo per i vertici di governo coinvolti nella vicenda Almasri. In tre distinte votazioni, a scrutinio segreto, la maggioranza della Camera ha votato in Aula per il ‘no’ all’autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano: tutti e tre erano indagati per favoreggiamento nella vicenda della liberazione di Osama Almasri, il generale libico ricercato dalla Corte penale internazionale, arrestato e poi rimpatriato dal governo italiano lo scorso gennaio. Sul Guardasigilli pendeva anche l’accusa di omissione di atti di ufficio mentre al numero uno del Viminale e al sottosegretario Mantovano veniva contestato inoltre il reato di concorso in peculato.
Il caso, su cui da dieci mesi si è scatenata una bufera politica e giudiziaria, sembra chiuso almeno nei confronti dei membri dell’Esecutivo. Da Nordio è arrivata una reazione soddisfatta ma anche dura: “Lo strazio che il Tribunale dei ministri ha fatto delle norme più elementari del diritto è tale da stupirsi che non gli siano schizzati i codici dalle mani, ammesso che li abbiano consultati”. Parole che suscitano la reazione indignata dell’Anm: “Il ministro della Giustizia, che ha un alto compito istituzionale, decide di venir meno a ogni principio di continenza, rispetto e misura, aggredendo in maniera scomposta dei colleghi, peraltro sorteggiati per far parte del Tribunale dei ministri, contraddicendo il più volte decantato intento di abbassare i toni”, protesta il sindacato delle toghe.
L’esito in Aula, per quanto scontato, ha riservato comunque delle sorprese: alcuni deputati delle opposizioni hanno votato contro l’autorizzazione a procedere. I gruppi di maggioranza hanno infatti 242 deputati a cui se ne aggiungono tre del gruppo misto, mentre i voti contro l’autorizzazione a procedere sono stati 251 per Nordio e Mantovano e 256 per Piantedosi. In favore del ministro dell’Interno aveva annunciato il proprio voto favorevole solo Italia Viva. “Anche da una parte dell’opposizione vi è riluttanza ad affidare alle procure delle competenze che dovrebbero essere squisitamente politiche”, ha commentato il Guardasigilli. Il governo, nella relazione affidata a Pietro Pittalis, ha specificato che l’Esecutivo ha agito “per un preminente interesse pubblico”. Non a caso, una volta incassato il ‘no’ all’autorizzazione, Nordio ha liberato il suo sfogo: “Ci accusavano di menzogna ma eravamo vincolati dal segreto istruttorio”. A partecipare al voto, per lei caso raro in veste di deputata, è stata anche la premier Giorgia Meloni, la quale è stata la prima a complimentarsi dell’esito con i due ministri che le sedevano vicini: la presidente del Consiglio ha appoggiato la mano sulla spalla di Piantedosi e subito dopo è seguito il baciamano del Guardasigilli. La tensione è poi divampata quando Riccardo Ricciardi (M5s) ha invitato Meloni a “tornare in Aula” più spesso e “non solo per salvare i suoi ministri”.
La vicenda non è finita del tutto. Nella sua relazione Pittalis ha anche affermato che l’autorizzazione a procedere debba essere chiesta anche per la capo di gabinetto di via Arenula, Giusi Bartolozzi, in quanto ‘coindagata laica’ nel processo. La posizione di Bartolozzi, accusata dai magistrati romani di false dichiarazioni sul caso Almasri, resta al vaglio della giustizia odinaria. Ma il filone di inchiesta che la riguarda al momento resta congelato finché la Camera dei deputati non comunicherà al Tribunale dei ministri l’avvenuto voto contrario sull’autorizzazione a procedere per i ministri. Quest’ultimo a sua volta emetterà un provvedimento di archiviazione della posizione dei vertici di governo comunicandola alla Procura. Solo allora quindi tra qualche settimana si potrà riaprire l’indagine sulla capo di gabinetto. “Speriamo che il capitolo su di lei si chiuda così come questo”, commenta Nordio, che l’ha difesa fin dal primo minuto. Sull’altro fronte politico, resta la rabbia dell’opposizione. “Per Fratelli d’Italia i ministri avrebbero il diritto di mentire in Parlamento”, tuona la deputata dem Debora Serracchiani mentre Angelo Bonelli, leader di Avs, mostra immagini di prigionieri torturati in Libia nel campo di Mitiga, gestito da Almasri. Intanto Francesco Romeo, legale di una vittima e testimone delle torture del generale libico, annuncia il ricorso alla Consulta: “Il voto di maggioranza odierno calpesta la Costituzione e la legalità internazionale. Nel nostro ordinamento costituzionale non esistono e non possono esistere zone franche o zone d’impunità per chi riveste cariche di governo”.
ANSA