Arretra la mediazione del Patriarcato, nuove strade in campo

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Davanti alla Sumud Flotilla ci sono altre cento ore di navigazione nella rotta verso Gaza, ma diversi scenari si aprono sulla destinazione finale degli attivisti: tutto è appeso alle trattative sottotraccia in queste ore, tra discussioni interne e valutazioni, mentre il maltempo rallenta la ripartenza della nave umanitaria.

Il tentativo di mediazione italiano con il Patriarcato latino di Gerusalemme, sollecitato nelle ultime ore anche dal presidente della Repubblica Mattarella, si allontana ma per il governo questa opzione resta comunque sul tavolo: questa eventualità prevede l’arrivo della flotta a Cipro, dove lo stesso patriarca Pierbattista Pizzaballa è disponibile a garantire il trasferimento dei carichi di cibo nella Striscia attraverso il porto di Ashdod in Israele, passando poi per il corridoio aperto dalle Misericordie Amalthea.

La proposta, a cui sta lavorando anche il ministro della Difesa Guido Crosetto, prevederebbe inoltre la presenza a Cipro dello stesso Pizzaballa o di altre grandi personalità del mondo cattolico come Zuppi per un incontro con gli attivisti. Anche Papa Leone è in contatto con i presuli in Medioriente ed ha ricevuto monsignor Paolo Martinelli, vescovo vicario apostolico dell’Arabia meridionale.

Anche la portavoce italiana Maria Elena Delia del Global Movement to Gaza rientrerà nel nostro Paese “per condurre un dialogo diretto con le istituzioni allo scopo di garantire l’incolumità dei membri italiani dell’equipaggio e il raggiungimento degli obiettivi della missione nel rispetto del diritto internazionale”.

L’accordo di Cipro ha già il benestare di Israele, e ovviamente della Chiesa, ma non degli attivisti, che si dicono comunque pronti a valutare altre mediazioni a condizione di “non cambiare rotta”, così come aggiungono resta “cruciale chiedere e fare pressione per l’apertura di corridoi umanitari permanenti”.

Per questo l’altro percorso possibile sarebbe di arrivare in Egitto sfiorando le acque territoriali israeliane, dunque raggiungendo la costa a poca distanza dalla Striscia. A quel punto gli aiuti verrebbero scaricati a terra per essere trasportati dai camion verso Gaza, con altre organizzazioni che già operano sul territorio palestinese: questo comporterebbe un’apertura almeno temporanea di uno dei corridoi umanitari attraverso il valico di Rafah.

Su questa opzione potrebbe comunque non esserci una convergenza tra le parti, dunque il groviglio diplomatico non si scioglierebbe subito, anche perché all’interno dell’equipaggio ci sono varie anime e attivisti di diversi Stati, ognuno con una diversa sensibilità culturale.

Per alcune persone dell’equipaggio, un’idea sarebbe anche quella di costeggiare la Turchia per poi scendere verso le coste di Israele da Nord, in quel caso forzando il blocco, ma ciò porterebbe al rischio di uno scontro frontale degli attivisti con Israele, visto che l’Italia che li segue a distanza con la fregata Alpino può garantire la sicurezza della nave solo in acque internazionali. Sullo sfondo resta il rebus del maltempo.

Al momento non è chiaro quando le imbarcazioni della Flotilla ripartiranno da Creta, un elemento che favorirebbe il protrarsi delle trattative, vista la difficoltà di navigazione. Resta certo che servirebbero quattro giorni di navigazione continua per raggiungere Gaza da Creta. Ancora tutto può accadere.

ANSA