(Adnkronos) – Milano 9 aprile 2024 – Le forti tensioni internazionali rappresentano con chiarezza la situazione geopolitica planetaria e gli umori che ne derivano, anche nella popolazione mondiale. Servono quindi confronti e dibattiti per supportare la mancanza di informazione, o di interpretazione dei fatti.
Menti brillanti a confronto, come quelle del giuslavorista e consigliere esperto del Cnel, Francesco Rotondi, name partner di Lab Law di Milano, e dell’imprenditore Renato Railz, a capo della multinazionale friulana, Eurolls, possono offrire una lettura della realtà.
Rotondi: ’Le guerre sono foriere d’instabilità e solamente questo è sufficiente a generare conseguenze sul mondo del lavoro e dell’impresa. Quanto poi le ripercussioni possano dirsi rilevanti dipende da molti fattori che sono relativi al tipo di conflitto in corso: la collocazione geografica, l’ attività svolta dall’impresa e le dimensioni della stessa. È del tutto evidente che ogni guerra ha poi una dimensione macroeconomica che prescinde dagli elementi sopra rappresentati e che impatta sul mercato e conseguentemente anche su quello del lavoro.
Sotto questo profilo si pensi alle dinamiche inflazionistiche, i costi delle materie prime, quelli di trasporto ma anche le dinamiche migratorie che impattano evidentemente sulle dinamiche del mercato del lavoro.
Vi è poi un tema più generale afferente alla sfera psicologica e sociologica, ovvero una fortissima sensazione di instabilità e paura per il futuro. La Costituzione è, e sempre sarà, un faro che orienta il complesso dei valori che caratterizzano un popolo.
Sotto questo profilo ha un ruolo di “bussola”. Sarebbe sbagliato immaginare che il dettato costituzionale possa essere inteso come “il libro delle risposte”, occorre, invece avere a riferimento il testo dei padri costituenti come la solida base di valori su cui la società, l’economia, il lavoro costruiscono le soluzioni ai problemi. Questo processo alcune volte è il frutto di una trasposizione diretta di quei principi, altre volte quei principi generali sono lo spunto, la scintilla per qualcosa di nuovo e diverso. In tale contesto, resta fermo il rifiuto della guerra quale rimedio o soluzione a qualsivoglia conflitto; nel contempo, però, occorre dare sfogo altresì a tutte le attività necessarie ad assorbire gli effetti negativi di quanto “ci sta attorno”. La flessibilità e la creatività sono certamente delle caratteristiche che il mondo ci attribuisce e che ci auto attribuiamo, ma non sono le sole.
Abbiamo scoperto – o forse lo avevamo solo dimenticato – di essere resilienti, di saper operare in contesti di assoluta emergenza sia in contesti nazionale che in contesti multilaterali.
Il vero tema non è quali siano o meno o quanto siano spiccate le caratteristiche del nostro popolo nel suo complesso, piuttosto occorrerebbe farsi la domanda del sé e quanto e con quale continuità di azione quelle caratteristiche vengano “messe in campo” in ogni contesto per risolvere i problemi. Purtroppo, però, debbo dire che tranne alcuni brevi lassi temporali, i nostri rappresentanti hanno fatto molta fatica a far emergere la strategicità – non solo geografica – delle caratteristiche che ci vengono riconosciute; molto probabilmente la nostra arte e riconosciuta capacità diplomatica, potrebbe essere molto più utilizzata ed esprimerebbe sicuramente un valore aggiunto. Le imprese e gli opinion leader svolgono attività differenti e sono portatori di interessi non sempre coincidenti. In assenza di questa premessa si rischia di confondere l’essere portatori di interesse di natura imprenditoriale più o meno individuali con la capacità di alcuni soggetti di orientare il dibattito pubblico su alcune tematiche piuttosto che su altre.
Detto questo, il contributo che entrambi possono dare è quello di porre al centro della discussione gli uni – le imprese – i temi dell’agire quotidiano, quindi il pragmatismo che gli è proprio per definizione; gli altri la “visione prospettica profonda” e la capacità divulgativa di quelle idee. Solo la combinazione di questi elementi conduce ad un circolo virtuoso da cui gemmano spunti innovativi da cui possono nascere strategie e soluzioni. Da questa premessa, però, occorre giungere anche ad una conclusione: quando le due espressioni non vanno verso la stessa direzione o, addirittura, si contraddicono, non possiamo più parlare di “aiuto”, bensì di criticità’.
‘Le guerre in corso sono il risultato di scelte politiche sbagliate – afferma Renato Railz – continuo sempre a ripeterlo: siamo umani, con debolezze di ogni tipo. Anche chi dovrebbe agire per il meglio, per la pace, nel mondo intero, a volte, commette gravi errori. Strategie errate, dettate dalla conquista del potere economico, possono fare danni incommensurabili. Ed è ciò che sta avvenendo a livello planetario. In casi come questi penso che porre l’attenzione sul problema, analizzarlo, sia già un fatto saliente per la risoluzione delle questioni. Accendere il faro sui problemi, renderli palesi, discuterne, può fare la differenza. Sempre. Anche per questioni che, per dimensioni e lontananza geografica, sembrano non riguardarci da vicino. Eppure. Siamo universalmente tutti collegati. Risentiamo di scelte sbagliate anche giungano dall’altra parte del mondo. E’ un attimo distruggere gli equilibri che faticosamente sono stati costruiti dopo le Guerre Mondiali. Serve prestare attenzione, ognuno nel suo piccolo’.
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