Il futuro di Daniela Santanchè al governo si deciderà tra Milano e Roma. E dipenderà, a breve, dalla Corte di Cassazione. A seconda se l’inchiesta per truffa aggravata all’Inps, a carico della ministra del Turismo, resterà ai giudici lombardi come chiesto oggi dal procuratore generale della Corte suprema o passerà alla procura romana. Nel primo caso, il processo andrebbe avanti con il rischio di un rinvio a giudizio e accelerando forse l’addio di Santanchè al governo.
Nel secondo, si tornerebbe alla fase precedente alla chiusura dell’indagine, rallentando i tempi di un processo. Cruciale, dunque, la decisione della Cassazione sulla competenza territoriale dell’inchiesta sulle società del gruppo Visibilia, attesa nelle prossime ore.
La ministra sta per chiudere la missione a Gedda, per l’inaugurazione del Villaggio Italia. In mattinata ripartirà per l’Italia. Su di lei, pesa anche l’ombra delle dimissioni. Da un lato il pressing del centrosinistra, dall’altro la volontà dell’esponente di Fratelli d’Italia a non mollare. A meno che Giorgia Meloni non solleciti un passo indietro. “Se il mio presidente del Consiglio mi chiedesse di dimettermi, non avrei dubbi”, ha chiarito.
Santanchè è imputata di truffa aggravata insieme ad altre persone. Secondo l’accusa, sarebbero stati chiesti e ottenuti i contributi della cassa integrazione Covid a zero ore per 13 dipendenti del gruppo Visibilia, tenuti nel frattempo al lavoro in smartworking. Il danno all’Inps sarebbe di oltre 126 mila euro. In aggiunta, c’è il rinvio a giudizio per falso in bilancio. Sull’iter del processo, alla richiesta della procura di Milano di continuare lì (condivisa dal pg della Cassazione e dal legale dell’Inps, Aldo Tagliente) si contrappone la difesa della ministra. L’avvocato Nicolò Pelanda ha ribadito che un processo a Roma è più adatto perché il server dell’Inps è nella Capitale e perché il primo pagamento a un dipendente Visibilia, per la cassa integrazione, è su un conto bancario romano.
Accomunata con le dovute differenze sul versante giudiziario a Meloni e ai colleghi di governo Nordio e Piantedosi, coinvolti nell’indagine sul rimpatrio del generale libico Almasri, Santanché si è schierata al loro fianco. “Trovo che sia una cosa veramente vergognosa indagare il premier, gli altri ministri, il sottosegretario per aver fatto cosa? Difendere la sicurezza della nostra nazione”. E paradossalmente, proprio sul caso Almasri, il nome della Santanchè è tornato in ballo anche oggi.
Protagoniste le opposizioni, dopo il forfait dei ministri Nordio e Piantedosi a riferire alle Camere sul caso libico. Convinte che il governo avrebbe così “umiliato di nuovo il Parlamento” (il copyright è di Francesco Boccia del Pd), hanno ricordato il precedente, appunto, della ministra del Turismo “venuta a riferire in Aula con indagini e inchieste in corso”.
ANSA