L’Italia pronta su aiuti e ospedali: ‘Anche militari se servirà‘

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Ricostruzione, nuova governance palestinese e forze di stabilizzazione. Sono i pilastri dello scenario che sta prendendo corpo dopo l’accordo per il cessate il fuoco a Gaza, e l’Italia sui tutti i tre fronti vuole essere presente: Giorgia Meloni, sottolineano fonti italiane, è in stretto contatto con Washington e gli altri attori internazionali per definire il contributo italiano, e in quest’ottica considera preziosa la partecipazione a Sharm el-Sheikh, al summit convocato dal presidente Usa Donald Trump e da quello egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Il format è ancora non del tutto definito, ma prevede una cerimonia di firma dell’intesa, seguita da una riunione plenaria con i leader di oltre venti Paesi.

Dalla località sul Mar Rosso non è quindi esclusa qualche indicazione su come si svilupperanno le discussioni sugli interventi internazionali nella Striscia. L’Italia insiste sulla necessità di uno “sforzo collettivo” per realizzare il Piano, per stabilizzare e ricostruire Gaza ma anche per riprendere un processo politico che realizzi pace, sicurezza e stabilità in Medio Oriente. “Siamo pronti a fare la nostra parte ha ribadito il ministro degli Esteri Antonio Tajani , sul piano umanitario, della ricostruzione della Striscia di Gaza, del consolidamento del quadro e anche sul piano militare, qualora dovesse servire”. E il nuovo quadro, ha aggiunto, “accelera i tempi” anche per il governo sul riconoscimento della Palestina.

Su quel fronte Meloni ha già chiarito che il riconoscimento deve essere il punto di approdo di un processo politico. E per indirizzarlo al meglio il governo italiano sostiene l’idea di un coinvolgimento delle Nazioni Unite: una risoluzione in questa cornice renderebbe inoltre più semplice pianificare un coinvolgimento di militari da schierare sul terreno (il ‘boots on the ground’ legato al dossier Ucraina, nei mesi scorsi ha trovato il muro della Lega), al di là dei carabinieri che potrebbero andare a rinforzare la missione a Gerico di addestramento delle forze di sicurezza palestinesi. Intanto 50-100 carabinieri dovrebbero essere inviati, non appena ci sarà lo scambio di prigionieri e ostaggi tra Hamas e Israele, a presidiare il valico di Rafah, nella missione Ue Eubam.

In ambienti di governo si confermano le valutazioni della premier sulla possibilità di declinare anche il Piano Mattei per gli interventi in Palestina. E comunque l’Italia è “già pienamente presente nel meccanismo della ricostruzione”, sottolineano fonti dell’esecutivo: c’è un piano, presentato un anno fa al primo ministro palestinese Mohammad Mustafa e poi lanciato da Tajani durante il G7 italiano, che coinvolge il Programma Onu per lo sviluppo, Università Iuav di Venezia e Ministero della pianificazione e cooperazione internazionale dell’Anp. In una missione di tre mesi, due esperti della Iuav in Palestina hanno completato uno studio sulla dislocazione dei centri per la ricostruzione, ed è in corso la selezione di un team di 11 esperti internazionali scelti con l’Onu che affiancheranno il ministero palestinese.

Sul fronte umanitario, la riapertura dei valichi consente alla Farnesina di rafforzare l’operazione Food for Gaza. Proseguiranno inoltre i programmi per far studiare in Italia palestinesi con borse di studio, e per quelli che hanno figli la senatrice a vita Liliana Segre chiede a Tajani di dar loro il “diritto di portarli con sé da subito”. Inoltre sono già avviate una serie di iniziative sul filone sanitario. Martedì il vicedirettore della Cooperazione allo sviluppo della Farnesina, Carlo Batori, volerà in Giordania per verificare le strutture che due ospedali italiani ad Amman e Karak mettono disposizione per accogliere i bambini palestinesi, che potranno essere operati da team di medici inviati a rotazione dal Bambin Gesù di Roma. E un’altra collaborazione è in programma con l’ospedale italiano al Cairo, secondo per livello assistenza sanitaria alla popolazione di Gaza. In questa fase i colloqui ad alto livello sono frequenti in particolare con il Qatar, ma anche la Giordania è un interlocutore considerato chiave a Palazzo Chigi. E re Abdullah II sarà martedì a Roma, e l’indomani parteciperà con Meloni agli incontri sul Processo di Aqaba, foro informale, ideato e presieduto proprio dal sovrano giordano, per il contrasto al terrorismo e all’estremismo, che in questa occasione si concentrerà sulla situazione in Africa occidentale. 
   

ANSA