Per l’ultimo giorno di Pompei “non si può escludere la data del 24 agosto 79 d.c., come tramandata da Plinio il Giovane”. L’antica città romana è uno scrigno di antichità senza pari ma che nasconde ancora molte incognite. Uno dei più grandi enigmi della città devastata dalla furia del vulcano è la data esatta in cui il Vesuvio eruttò e seppellì tutto ciò che la circondava sotto tonnellate di cenere, nell’anno 79 d.C. Un nuovo studio ha riaperto il dibattito affermando che “non ci sono elementi sufficienti per escludere” la versione ufficiale iniziale, che collocava il disastro in estate e che era stata recentemente retrocessa.
Gli archeologi non sono stati in grado di certificare con certezza il giorno fatidico. Inizialmente, la versione ufficiale datava il disastro al 24 agosto, perché questa era la data che compariva nella lettera che lo scrittore Plinio il Giovane inviò a Tacito per raccontargli l’accaduto. Ci sono sempre state voci che puntavano in un’altra direzione, verso un giorno autunnale, probabilmente ottobre: si basavano sugli abiti caldi indossati dai cadaveri ritrovati o sui frutti carbonizzati che non corrispondevano a un raccolto estivo. I fautori di questa interpretazione sostengono che l’equivoco potrebbe essere dovuto a un errore nella trascrizione della missiva di Plinio il Giovane nel Medioevo e che la data reale fosse il 24 o il 25 ottobre.
La conferma della data tradizionale dell’ultimo giorno viene suggerita con un articolo che è stato pubblicato sull’E-Journal degli Scavi di Pompei, dedicato alla data dell’eruzione del Vesuvio. Gli autori della ricerca ora pubblicata, che presenta i risultati di un progetto di archeologia sperimentale sulla durabilità di iscrizioni a carboncino nonché un aggiornamento sullo studio delle fonti letterarie e archeobotaniche, concludono che al momento non ci sono sufficienti elementi per scartare la data del 24 agosto, presente già nei più antichi manoscritti. Pongono, inoltre, alcuni interrogativi riguardo a cambiamenti climatici e diversità geografiche caratterizzanti coltivazioni e pratiche agricole nel mondo antico.
“Non possiamo al momento escludere che l’eruzione sia avvenuta il 24 agosto, come scrisse Plinio, e occorre domandarsi cosa questo potrebbe significare ha dichiarato il direttore degli scavi di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, che è tra gli autori dello studio –- Forse abbiamo sottovalutato la tradizione letteraria, che in realtà non è così confusionaria come si è spesso creduto, mentre potremmo aver sopravvalutato la stabilità del clima e dei cicli agricoli: in realtà il clima è cambiato anche nel passato, seppure con ritmi più lenti, e Pompei offre un’occasione unica per studiare un ecosistema fortemente condizionato dalla presenza umana già 2000 fa. La biodiversità e la varietà di pratiche, coltivazioni e tradizioni locali va ben oltre il quadro, necessariamente schematico, che offrono gli autori antichi che si sono occupati di agricoltura. Comunque, il nostro non vuole essere un punto finale, ma un contributo per continuare la discussione e aprire nuove prospettive”.