“Il ministero della Salute manda a casa milioni di dipendenti delle strutture sanitarie private accreditate e indebita gli ospedali pubblici. E’ questa la tutela della salute degli italiani? Lo scandaloso risultato ottenuto dal tavolo della Conferenza Stato-Regioni porterà all’indebitamento degli ospedali pubblici e al licenziamento dei 350.000 dipendenti delle strutture sanitarie private accreditate. I rimborsi approvati dal ministero della Salute sono al di fuori di ogni logica di mercato e non consentono di garantire una sanità di qualità. Chi dice il contrario si inventa diagnosi o non esegue realmente esami clinici. Le tariffe che il ministero dichiara essere calmierate in realtà alcune sono rimaste identiche e molte altre sono state diminuite del 60%”. Così in una nota l’Uap, l’Unione nazionale ambulatori, poliambulatori, enti e ospedalità privata.
“Non abbiamo mai assistito nella storia della nostra Repubblica a tariffe ferme da oltre 26 anni che invece di essere incrementate vengono diminuite, contro ogni logica economica e di buon senso, senza tener conto delle reali esigenze degli italiani e della loro salute. Stupisce che le Regioni le abbiano ritenute congrue, probabilmente perché mirano al risparmio più che alla qualità del servizio prosegue la nota dell’Uap Si chiede al ministro Orazio Schillaci, che peraltro è medico, se lui accetterebbe un compenso di 4 euro per ogni visita medica specialistica, per la quale è previsto un rimborso che va dai 17 ai 25 euro, con la relativa assunzione di responsabilità professionale civile e penale”.
“Evidentemente, chi ha preso tali decisioni ha dimenticato il giuramento di Ippocrate, non vede la tutela della salute come un ‘fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività’, come previsto dall’articolo 32 della Costituzione, ma solo un business a cui applicare logiche di cassa e di mercato. L’onestà intellettuale non appartiene a questo momento storico. E’ giusto che i cittadini italiani sappiano che lo Stato sta imponendo alle strutture sanitarie risparmi di spesa che andranno inevitabilmente ad incidere sulla qualità dei servizi erogati e sull’abbattimento delle liste di attesa, e quindi sulla salvezza del diritto alla salute, oltre che a licenziare i tantissimi dipendenti”, conclude l’Uap.