Salvini con Stefani in Veneto, Zaia capolista

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Ripartire dai “valori” fondanti, accantonare un certo tipo di messaggio eccessivamente “ideologico”, tornare a “valorizzare il territorio”. Non si placano, nella Lega, i malumori per la performance più che deludente in Toscana e per quello che ne è considerato il responsabile, Roberto Vannacci. Una nuova grana per Matteo Salvini, che si somma alle tensioni dei lombardi per l’intesa sul Veneto che, di fatto, apre le porte a Fdi nell’altra delle storiche roccaforti leghiste. In attesa di un confronto che si preannuncia acceso nel prossimo consiglio federale, convocato dopo tanto tempo a via Bellerio a Milano e in presenza, il leader mette il cappello sulla candidatura di Alberto Stefani per il dopo Zaia, che annuncia la sua candidatura in tutte le province del Veneto, con un evento che doveva essere di coalizione ma di fatto è monocolore.
    E proprio il futuro del Doge è l’annuncio più atteso di una manifestazione che chi parte da Roma in direzione Padova saluta con entusiasmo, “finalmente un momento nostro, da Lega”. Al Teatro Geox è pienone, perché il partito vuole fare pesare la sua presenza sul territorio. E pazienza se gli alleati a parte il segretario Udc, veneto, Antonio De Poli non si presentano (non sarebbe piaciuta la data imposta e non concordata, quindi “è un evento loro”, dicono sia da FI sia da FdI).
    In un Veneto in lutto per i carabinieri morti in uno sgombero (circostanza che fa sollevare qualche sopracciglio non solo tra le file delle opposizioni) va in scena l’orgoglio leghista. “E’ una delle più grandi gioie” avere il candidato leghista, esordisce Salvini sul palco, non negando che la “battaglia” sia stata dura per spuntarla sul partito di Giorgia Meloni. Quindici anni di governo di Zaia “lasciano il segno” e “non sarà semplice” raccogliere il testimone, sottolinea il leader osservando che il giovane Stefani è nato quando lui già aveva preso la tessera della Lega. “Il governatore più giovane d’Italia”, lo chiama pur esibendo una certa scaramanzia. Salvini rivendica l’Autonomia, che sta per raggiungere “le prime pre intese nelle prossime settimane”, per assicurare che la sua Lega non si è affatto allontanata dai suoi valori fondanti. Poi tocca a Zaia, che esordisce in dialetto prima di citare i tre carabinieri, ricordati con un minuto di silenzio. “E’ stata una bella avventura” e “io sono un militante e il militante è sempre pronto dall’alba al tramonto”, premette per ribadire il suo fastidio per il veto messo dagli alleati sia sull’ipotesi di una sua lista sia di quella di inserire il suo nome nel simbolo (che alla fine vede “Stefani presidente”). “Se sono un problema divento un problema reale, parlando con Alberto c’è solo una soluzione: mi candido capolista in tutte le province”, annuncia alla fine. “Dopo Zaia scrivi Zaia”, conclude con tanto di ovazione della platea.
    Intanto hanno lasciato il segno le parole di un veneto doc come il presidente della Camera Lorenzo Fontana che, alla vigilia del tracollo in Toscana, rispondendo a una domanda sul “vannaccismo” invitava ad “abbassare di una tacca il livello” e a utilizzare “meno slogan”. Lui, il generale che rischia di finire sul banco degli imputati, ha già fatto sapere che non potrà essere a via Bellerio martedì, perché impegnato a Strasburgo (e c’è chi sottolinea che nemmeno lunedì scorso si è fatto vedere, per lo stesso motivo, al comitato elettorale, pur essendo il coordinatore della campagna). Ma il risultato della Toscana mostra che “forse bisogna rivedere qualcosa” perché la Lega deve continuare a essere “il partito dei territori”, punge Attilio Fontana, il governatore lombardo che già aveva pubblicamente espresso più di un dubbio Vannacci. Peraltro, aggiunge un altro piuttosto critico come il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, “lanciare un messaggio ideologico da una parte sola non è il messaggio della Lega” che ha “sempre preso voti da destra, sinistra e centro perché era post-ideologica”. E i più nostalgici di Umberto Bossi notano che non è stata casuale la sua scelta, a settembre, di far ristampare la sua prefazione del 1992 a “La Lega Lombarda” di Massimo D’Azeglio, dove spiegava i valori e i motivi che lo portarono a fondare la Lega Nord. 
   

ANSA