(Adnkronos) L’omicidio di Giulia Cecchettin è l’ultimo atto del controllo esercitato sulla vittima dall’ex fidanzato Filippo Turetta. La manipolava e non ha mai pensato di suicidarsi. Così il pm Andrea Petroni nella sua requisitoria al termine della quale è pronto a chiedere l’ergastolo per il giovane, imputato per omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere dell’ex fidanzata.
Presente in aula, Filippo Turetta assiste alla requisitoria immobile, con la testa bassa. È la seconda volta, dopo l’interrogatorio della scorsa udienza, che l’imputato compare davanti alla corte d’Assise.
Assente Gino Cecchettin, per impegni con la fondazione che porta il nome della figlia morta: a rappresentare in aula la famiglia Cecchettin c’è lo zio e la nonna Carla Gatto.
“Il rapporto tra Giulia Cecchettin e l’imputato è caratterizzato da forte pressione, dal controllo sulla parte offesa, le frequentazioni, le amicizie, le uscite”: quanto accade l’11 dicembre del 2023 è “l’ultimo di quegli atti” di controllo. Per l’accusa, Turetta ha pianificato di uccidere.
Turetta quando ha ucciso Giulia Cecchettin non ha mai pensato davvero di suicidarsi, così come ha usato questa finta minaccia in altre occasioni per tenere a sé la ventiduenne, sostiene il pm secondo il quale il suicidio va letto “in chiave ricattatoria”, è uno strumento “dell’azione manipolatoria nei confronti di Giulia”.
Se l’imputato compila un diario dei problemi di coppia che si riscontrano anche nelle chat chilometriche tra i due , anche la vittima scrive un ‘memorandum’ per ricordarsi i difetti e continuare a restare lontana sentimentalmente da Turetta. “Ha idee strane su farsi giustizia da solo, i miei spazi non esistono, dice cattiverie pesanti e minacce quando litighiamo, mi controlla”.
“Ti farò pentire di tutto il male che mi stai facendo…”. È uno dei messaggi che Turetta ha inviato alla vittima letto in aula dal pm per dimostrare lo stalking esercitato dall’imputato alla sbarra per omicidio. “Se la mia vita finisce la tua non vale niente” è un altro messaggio scritto dallo studente che ne invia diverse decine al giorno.
Il lungo elenco riguarda gli studi Turetta chiede a Cecchettin di rallentare negli studi e la volontà che la fidanzata non dedichi tempo alle amiche. Quando sa che sta per uscire per andare a mangiare una pizza, Turetta scrive “non lo fare, è tantissimo, è il limite”. Un’ossessione che porta a crisi di ansia nella vittima.
Giulia Cecchettin è stata aggredita “ripetutamente” già dal parcheggio di Vigonovo e fino ai venti minuti dopo quando la sagoma della ventiduenne viene ripresa, a terra, nell’area industriale di Fossó, ha affermato ancora nella requisitoria Petroni aggiungendo che nel parcheggio “non c’è stato il tempo di una discussione, tutto è durato sei minuti: sono state trovate diverse macchie di sangue, la lama di un coltello senza impugnatura, il sangue è sicuramente della persona offesa. C’è un’aggressione dinamica, Giulia era cosciente e chiedeva aiuto”.
Giulia viene costretta a risalire in auto e prima di arrivare a Fossó “è stata colpita più volte: sanguina copiosamente come dimostrano le tracce di sangue nell’auto”. “L’aggressione nell’area industriale “dura pochissimo”, il video della telecamera di una ditta mostra soprattutto “la persona inerme in terra che significa che tutta una serie di lesioni, in particolare le 25 lesioni sulle mani, l’immobilizzazione e il silenziamento (uso di scotch, ndr) sono avvenute prima, non hanno ragione di essere dopo”.
“Non è in dubbio la colpevolezza dell’imputato, le prove sono talmente evidenti contro Turetta, c’è l’imbarazzo della scelta” degli elementi che lo rendono responsabile dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, ha sottolineato il pm.
Quando dopo una settimana di fuga, Filippo Turetta viene fermato in Germania e confessa di aver ucciso l’ex fidanzata “non si sta costituendo, ma ha finito i soldi e si prepara all’arresto cancellando le prove sul suo cellulare”. Più che a quanto trovato in auto, il pubblico ministero pone l’attenzione sulle cose di cui si è disfatto l’imputato: “Non c’è il cellulare della vittima, non ci sono i vestiti insanguinati di Turetta” alcuni degli esempi citati dal pm in aula.
Il corpo di Giulia Cecchettin, coperto da sacchi neri, e abbandonato vicino al Lago di Barcis è stato “trovato in una nicchia, non so come l’abbia trovata l’imputato di notte. Se quella settimana avesse nevicato noi il corpo lo staremmo ancora cercando”., ha sottolineato quindi.
“Ho ucciso Giulia perché non voleva tornare con me, soffrivo di questa cosa. Volevo tornare insieme e lei non voleva…mi faceva rabbia che non volesse” sono state le parole di Turetta. “Ho ipotizzato di rapirla in macchina, di allontanarci insieme verso una località isolata per stare più tempo insieme…poi aggredirla, togliere la vita a lei e poi a me” ha detto l’imputato.