Otto fumate nere e, in molti, danno quasi per certa anche la nona, non ancora convocata. Il clima resta infatti incandescente e gli scambi di accuse non si fermano nemmeno di domenica. Il presidente del Senato, al centro delle polemiche per un presunto ruolo di scouting fermamente smentito dal diretto interessato nei confronti di una senatrice di Iv, prova a rimettere in carreggiata una partita che vede la Consulta senza il proprio plenum dal 23 novembre 2023.
Dalle colonne del Corriere della sera La Russa prova a porgere la mano alle opposizioni per superare l’impasse. “Per me una intesa politica sarebbe la cosa migliore: a dicembre ricorda saranno 4 i giudici in scadenza, vedrei già da ora con favore un accordo tra gentiluomini per dare spazio alle varie sensibilità”. Ma se da una parte apre, dall’altra avverte: per fare tutto questo occorre avere “il clima giusto” e se “questo non dovesse esserci e il Parlamento decidesse a maggioranza ricorda , non ci sarebbe nulla di illecito”.
Un apri e chiudi che le opposizioni considerano una presa in giro. E subito tornano all’attacco. “Per eleggere un giudice della Consulta la Costituzione prevede la maggioranza qualificata, ovvero da soli non si può fare” controbatte Matteo Renzi che poi ironizza sul blitz fallito: “hanno perso e Meloni che ha fatto? Ha chiesto: ‘chi è la talpa infame?'”, con l’aggravante, scandisce il leader di Iv, dell’utilizzo di “un linguaggio da gangster di Chicago dei primi anni del secolo scorso”.
La Russa “torni a fare l’arbitro imparziale” tuona dalle frequenze di Radio Radicale il senatore di Italia Viva Enrico Borghi, non mollando la tesi che vedrebbe la seconda carica dello Stato protagonista di trame sotterranee per far cambiare casacca ad alcuni parlamentari. “Troviamo del tutto inappropriato, improprio e inaccettabile dice infatti Borghi che il presidente del Senato svolga una funzione di scouting di natura politica, a maggior ragione soprattutto in connessione con momenti istituzionali così delicati come l’elezione di un membro della Consulta”.
E che sia un passaggio delicato, è ben chiaro al presidente emerito della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, che a Repubblica lancia un suo personale allarme parlando di rischio lottizzazione della Consulta. “La Corte non è la Rai spiega Amato dove un conduttore può realisticamente dichiarare di rendere conto all’azionista di maggioranza: alla Rai è così, anche se non va bene neppure lì”. Ma “se un giudice costituzionale rendesse conto al partito che ce l’ha messo osserva il due volte presidente del Consiglio , ciò comporterebbe la totale delegittimazione della Consulta, e quindi una ferita per la democrazia”.
E ora? La linea dei presidenti delle Camere sembra essere quella di proseguire con convocazioni continue, settimanali, come tra l’altro chiesto dal Colle. Quella entrante, però, non prevede alcuna convocazione del Parlamento in seduta comune. E c’è chi spera che l’aver più giorni davanti possa far prevalere le anime dialoganti di maggioranza e opposizioni.
ANSA