Le opposizioni contro la premier, sulle liste d’attesa solo spot

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Uno “spottone da un miliardo” che meglio poteva essere impiegato per iniettare risorse fresche nel servizio sanitario in affanno. Il giorno dopo il via libera del governo alle misure per ridurre le liste di attesa per visite ed esami le opposizioni, all’unisono, vanno all’attacco di Giorgia Meloni e della scelta di finanziare due centri per i migranti in Albania. Proprio mentre la premier con Rama visita una delle due strutture, appena affidata alla gestione italiana in terra albanese. I soldi “li avrei messi più che volentieri” risponde piccata la premier, buttando le responsabilità nel campo avversario visto che “ci sono 17 miliardi” di “truffe sul Supberbonus”, risorse che sono state “gettate dalla finestra, tolte ai malati per darli ai truffatori”.

    A dare il la alle polemiche l’assenza di nuovi stanziamenti nei due provvedimenti approvati in Consiglio dei ministri, un decreto legge e un disegno di legge, che in effetti utilizza gli “oltre 500 milioni” già finanziati con l’ultima manovra proprio per le liste di attesa per “aiutare le Regioni”, per usare le parole che la premier ha affidato a un video sui social per spiegare le misure. Ci sono poi i fondi del Pnrr, che serviranno tra l’altro per aumentare le attrezzature tecniche delle strutture sanitarie, in particolare nel Mezzogiorno.

    Con quelle risorse sarà comunque possibile intanto pagare di più con una flat tax al 15% sugli straordinari medici e infermieri che allungheranno i turni (anche il sabato e la domenica) per smaltire l’arretrato, si difende anche il ministro della Salute Orazio Schillaci, che promette un ulteriore intervento sugli stipendi con la prossima manovra. Schillaci parla di una “defiscalizzazione di una parte delle indennità”, senza entrare nel dettaglio. Anche perché sarà una nuova partita da riaprire con il Mef, con il quale, assicura, si è fatto un grande lavoro per far quadrare le coperture.

    La mossa del governo, comunque, scontenta, gran parte delle Regioni. Plaudono all’iniziativa solo il governatore del Lazio, Francesco Rocca, e quello della Sicilia, Renato Schifani. più freddi i governatori leghisti di Lombardia e Veneto che pure, come spiegano Attilio Fontana e Luca Zaia, già si sono mossi da tempo per migliorare le performance della sanità. Il Veneto, peraltro, ha appena aggiornato il piano regionale del 2019, fissando a massimo 24 ore l’attesa per le urgenze, mentre nel Lazio, spiega lo stesso Rocca, già c’è il Recup che contiene anche le agende dei privati. Lo stesso vale per l’Emilia Romagna che, ha messo in campo tra l’altro un sistema di “pre-liste” per far sì che il cittadino che richiede una prestazione sanitaria sia ricontattato direttamente dal sistema se non trova subito posto nei tempi previsti. Le Regioni si prenderanno comunque “un paio di settimane”, spiega il coordinatore degli assessori regionali Raffaele Donini per dare una valutazione dei due provvedimenti, che per ora attendono la bollinatura e il passaggio al Colle per essere inviati in Parlamento.

    Intanto dal Pd ad Azione, tutti i partiti di opposizione, con diverse sfumature, bocciano l’esecutivo che ha fatto “una mossa elettoralistica”, dice Elly Schlein, ricordando che alla Camera c’è la sua proposta di legge sulle liste di attesa. Di una “squallida speculazione su chi soffre” parla il Movimento 5 Stelle mentre Matteo Renzi con Italia Viva ironizza sul fatto che la premier abbia “scoperto le liste di attesa dopo due anni di governo e a tre giorni” dal voto. Di una scelta “immorale, vergognosa e inaccettabile” parla anche Carlo Calenda. Mentre al coro di chi chiede di girare alla sanità “il miliardo” dedicato alla “Guantanamo d’Italia”. 
   

ANSA